Palermo, 2 Febbraio 2000: Dario Matranga e Marcello Minio si trovano davanti ad un caffè espresso appena servito sul bancone del Bar Giada, in via Principe di Belmonte a Palermo. E’ il caffè del mattino; è il caffè di ti da la carica prima di metterti a lavorare ben sapendo che anche quel giorno è un giorno in cui il tuo lavoro non interesserà nessuno. L’amministrazione della Regione Siciliana, dove Marcello e Dario prestano servizio, da venti anni, infatti, non fa nulla per valorizzare le professionalità dei propri dipendenti, non consente loro alcuna opportunità di progressione interna ed, anzi, favorisce l’ingresso clientelare di altro personale senza alcun concorso e questo sì valorizzandolo ancor prima di prendere servizio con il riconoscimento, sic et simpliciter, dei titoli di studio posseduti. Dario e Marcello non ne possono più e quella mattina si chiedono:- “ma può mai essere che siamo gli unici due incazzati per questa situazione? Ma è mai possibile che i sindacati non sono disponibili ad ascoltare le istanze dei lavoratori?” Così quella mattina, senza pensarci un attimo, di gran corsa si recano in Questura per comunicare che, dopo tre giorni, avrebbero tenuto un sit in di protesta davanti la sede del Presidente della Regione di Palazzo d’Orléans a piazza Indipendenza.
Il 5 febbraio Marcello e Dario si ricredono: “non siamo gli unici incazzati”, pensano, in piazza, infatti, si ritrovano 500 persone ed un coro di Samba che fa tremare il Palazzo del Governo. “La rivolta dei regionali” titola l’apertura del “Giornale di Sicilia” del giorno dopo e “Repubblica” parla invece della rivolta degli “inkazzati”. Ma ci sono anche la Rai e le TV private in piazza incuriositi da questa protesta improvvisa.
Da allora, Dario e Marcello non hanno mollato più, organizzano un Sit in di protesta alla settimana per fare diventare la”questione dei regionali” il tema dell’agenda politica del governo Capodicasa. Un primo risultato concreto arriva a maggio 2000: è l’articolo 5 della Legge 10 che parla di riclassificazione del personale regionale. Il movimento tenta il dialogo con i sindacati, ma il loro ostracismo è forte. Anzi i dirigenti sindacali dei confederali, anziché fare autocritica per recuperare il consenso perso, praticano la strada dello scontro attraverso la delazione tesa a confondere le idee dei lavoratori e l’isolamento.
La risposta dei lavoratori auto organizzatisi arriva dopo 45 giorni dalla prima battaglia: si decide di trasformare il movimento in un sindacato di base. Siamo a fine marzo 2000. La prima sede sarà aperta a settembre, in corso Scinà a Palermo e, con i soldi dei primi 600 iscritti, si riesce pure ad assumere un’impiegata. La macchina parte. E parte pure la prima vertenza: contratto economico 2000/2001 ed applicazione dell’articolo 5 della Legge 10 di riforma. CGIL, CISL e UIL cercano un accordo che possa pretestuosamente escludere il sindacato di base dei regionali; l’accordo arriva il 28 febbraio 2001. Il Cobas dei regionali per la carriera – siciliani inkazzati, come nel frattempo il movimento si era autodefinito, non firma, rinunciando anche alle prerogative sindacali. Parte l’offensiva del COBAS/CODIR: dopo 60 giorni dalla firma di quel patto scellerato 6.000 dipendenti regionali scendono in piazza con il cartello “primavera siciliana”. Il Governo Leanza riapre le trattative senza i confederali e gli altri autonomi filogovernativi: il governo sta per firmare solo con “primavera siciliana”; gli altri, quando capiscono che il governo firmerebbe il nuovo contratto anche senza di loro, si presentano alla spicciolata per limitare la figura fatta.
Intanto al governo arriva Cuffaro che dopo 6 mesi di governo, “ben” consigliato dai suoi fedeli maxiburocrati inizia la politica “Castiga-regionali”: retrocessioni di massa, blocco delle pensioni, demansionamento, ed un contratto giuridico economico 2002/2003 che sembra un’araba fenice. Il sindacato organizza 10 sit in di protesta, due scioperi (nel 2003 e nel 2004) sempre da solo. Gli altri sindacati si astengono dalla protesta e lasciano il campo al sindacato di base dei dipendenti regionali che, nel frattempo, diventa il sindacato leader dei dipendenti regionali.
Nel novembre 2004 il Cobas /Codir occupa l’ARAN SICILIA per sbloccare la situazione del contratto. Questo sindacato dei dipendenti era stato, fino a quel momento, completamente isolato nella vertenza: pretestuosamente tutti i sindacati, nell’ultima seduta, nonostante la richiesta di unità sindacale contro il governo regionale invocata da Minio e Matranga abbandonavano i lavori provocatoriamente.
Ma quel mattino del novembre 2004, dopo che anche la RAI aveva dato la notizia dell’occupazione dell’ARAN SICILIA, anche gli altri sindacati furono costretti a fare una scelta diversa dal passato. E si presentarono tutti per sostenere la protesta iniziata dal COBAS/CODIR. Grazie all’occupazione, in 15 giorni si arrivò all’accordo sul contratto. Intorno al Cobas/Codir si crea l’unità sindacale: ad aprile 2005, per sbloccare il percorso applicativo del contratto, si occupa l’assessorato al bilancio e si lancia un’iniziativa di protesta senza precedenti alla Regione Siciliana. Sono circa 400 le assemblee permanenti in tutta la Sicilia che paralizzano l’attività amministrativa. Tutti i dirigenti sindacali sono in prima linea e trascinano tutti i dirigenti sindacali degli altri sindacati ed i politici a fare il proprio dovere.
Intanto il sindacato è cresciuto e nascono altri comparti: il terziario, la formazione, i pensionati, i lavoratori atipici ed LSU, le telecomunicazioni.
Nel 2002 Il COBAS/CODIR partecipa alla fondazione della Federazione Nazionale dei servizi FASST. Nel maggio 2005 il sindacato aderisce alla confederazione autonoma CISAL.
Fra le battaglie sostenute dal sindacato anche la campagna referendaria per l’abolizione della Legge CIRAMI e la campagna referendaria per l’abolizione della legge elettorale varata dal governo Cuffaro.
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