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Inserito da: lasvotemplar
« il: Marzo 13, 2017, 06:02:41 pm »

Diffamazione aggravata a mezzo stampa(art. 595 del codice penale) nei confronti di una categoria di lavoratori che a vario titolo tengono aperti i beni culturali siciliani e che in virtù di notizie false, non verificate e di numeri gonfiati sono stati  dati in pasto dalle “Iene”  all’opinione pubblica nel servizio andato in onda il 12 Marzo 2017 su Italia 1, anche con la complicità di ex-politici avulsi completamente dalla realtà siciliana. I “Custodi” dei musei e delle aree archeologiche dei beni culturali, tutti in solido, indipendentemente dalla categoria di appartenenza e dal ruolo rivestito si sono sentiti diffamare e messi alla gogna come se fossero dei ladri che rubano lo stipendio, come i responsabili di tutte le inefficienze gestionali e come la causa del degrado dei siti archeologici. Le notizie riportate e le fonti presentate nel servizio sono false, le dichiarazioni fatte dagli intervistati sono infamanti, l’accanimento dimostrato con le parole e adducendo esempi postdatati è fazioso e perseguibile penalmente, ma è soprattutto umanamente lesivo della dignità umana. I “Custodi” non sono una casta, la casta se mai ve ne fosse una va cercata altrove. La casta ha potere decisionale i custodi non hanno alcun potere decisionale, la casta partecipa alle gare di appalto i custodi non partecipano ad alcuna gara di appalto, la casta maneggia grosse cifre di denaro pubblico i custodi maneggiano solo bollette protestate e mutui non pagati ,la casta decide e fa eseguire lavori pubblici i custodi non possono decidere nemmeno della loro vita, è la casta che decide per loro .Perchè? Perché sono sempre stati ritenuti degli ignoranti. E allora se sono stati ritenuti sempre degli ignoranti come si può affermare un’infamia del genere di ritenerli una casta? Ora è doveroso che tutti i sindacati indipendente dalle loro sigle, confederati e non abbino il diritto di replica a difesa di tutti i lavoratori del comparto. Non si possono infamare le persone in maniera così spudorata, non lo ammette la deontologia del giornalista, non può essere condiviso dal caporedattore, né tantomeno dall’editorialista, né dal responsabile del programma televisivo, né da parte di quell’informazione sana e responsabile che ama prima di divulgare le notizie di verificare le proprie fonti che devono essere d’ informazione , piuttosto che di disinformazione. E poi non si può sparare sul mucchio all’impazzata, si rischia di fare vittime dal fuoco amico!